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SECONDA PARTE – La Storia del Coronavirus, COVID 19, mancanza di scientificità, proporzione e coerenza.

SECONDA PARTE

 

“Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspettavi”

Eraclito

 

Cerchiamo, quindi, di comprendere il vero rischio reale, al di là di qualsiasi pregiudizio.

Come medico-oncologo, per la mia formazione scientifica, sono abituato a partire da dati solidi e chiari: i numeri.

 

Vorrei fare, quindi, un ragionamento ad alta voce, il più possibile obiettivo, insieme a chi mi segue, partendo dalla cosa meno opinabile: i numeri.

 

Gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità analizzano periodicamente le caratteristiche dei pazienti deceduti positivi al COVID19 in Italia.

 

L’ultimo Report (4 giugno 2020) si basa sull’analisi di un campione di 32.448 deceduti che erano positivi al Covid19, su un totale di 33.964 decessi alla data del 8 giugno 2020.

L’età media dei pazienti deceduti e positivi al Covid19 è stata di 80 anni.

 

Si hai capito bene: 80 anni.

Al 4 giugno, dei 32.448 pazienti deceduti, con positività al SARS-CoV-2, quelli di età inferiore ai 50 anni, in tutta Italia, erano solo 365 (1,1%). Anche la stragrande maggioranza di questi aveva gravi patologie preesistenti, solo 14 non avevano diagnosticate patologie di rilievo.

 

Sulla base dell’analisi di 3335 cartelle cliniche dei deceduti totali (32.448)si è constatato che il 96% (esattamente il 95,9%) dei deceduti aveva una media di oltre 3 gravissime malattie croniche (esattamente 3,3).

 

Solo il 4,1 % complessivo di tutti i deceduti era in apparente buono stato di salute. Il numero totale, quindi, in tutta Italia, dei deceduti con Covid 19 positivo, dei soggetti in apparente stato di buona salute, al 4 giugno 2020, è stato di 1330. Questo numero corrisponde allo 0,56% dei postivi al Covid 19 (234.237).

 

Questi numeri ci dicono che la quasi totalità dei soggetti apparentemente sani e positivi al Covid 19 guarisce.

 

Se al denominatore di questa semplice proporzione mettiamo il numero degli asintomatici non testati, che sappiamo essere tantissimi, la percentuale di guarigione dei pazienti in apparente buono stato di salute aumenta ulteriormente, indipendentemente dall’età.

 

La conferma del reale pericolo del coronavirus Covid 19 viene da Amburgo (La città più popolosa della Germania, dopo Berlino), l’unica città tedesca dove sono state esaminate tutte le morti per coronavirus, perchè i cadaveri sono stati sottoposti tutti ad autopsia nell’Istituto di Medicina Legale.

Il direttore dell’Istituto di Medicina Forense dell’Università di Amburgo, Klaus Puschel, ha infatti appena pubblicato un dettagliato studio che fa luce sulle cause di morte.

 

Nello studio sono riportate le conclusioni degli esami autoptici svolti dalla sua equipe. Da esse si evince con estrema chiarezza che “tutte le persone esaminate avevano altre gravissime patologie” e quindi non sarebbero morte per il coronavirus. Il quadro clinico dei pazienti si presentava “gravemente compromesso” e le condizioni di salute erano estremamente precarie.

 

Puschel arriva al punto sostenere di non aver alcun dubbio nel confermare che ad Amburgo non è morta una sola persona senza precedenti, gravi patologie.

 

Ecco le sue precise parole: “Tutti quelli che abbiamo esaminato finora avevano il cancro, o una malattia polmonare cronica, erano forti fumatori o fortemente obesi, soffrivano di diabete o avevano malattie cardiovascolari”.

 

E’ bastata una piccolissima goccia per far traboccare il vaso”, afferma con un drammatico paragone.

Il suo ragionamento prosegue deciso: “Il danno economico astronomico che sta sorgendo non è commisurato al pericolo rappresentato dal virus”. 

 

Naturalmente con le gravi e consequenziali effetti sulla salute non dipendenti dal coronavirus, ma dipendenti dalle decisioni prese.

 

La logica conclusione è che i deceduti con Covid19 positivo erano quelli che dovevano comunque morire per altre cause, cioè per le gravi malattie di cui erano già affetti (in Italia con una media di 3,3 gravi patologie croniche).

 

Sulla base dei numeri forniti dal Report dell’Istituto Sueriore di Sanità, si può senz’altro affermare che, nella quasi totalità, il Coronavirus Covid 19 ha solo anticipato di poco la data del decesso.

 

Ritengo utile sottolineare, per essere il più possibile obiettivo, che l’analisi è facile a-posteriori. All’inizio, parlo del mese di febbraio, quando non conoscevamo quasi nulla del nuovo virus, può essere stato, a mio avviso, giustificato o, comunque, giustificabile, anche sulla base dell’emotività, prendere decisioni anche drastiche e anticostituzionali; dopo, però, assolutamente NO!

 

Non è più possibile e giustificato prendere decisioni così importanti sulla base dell’emotività, senza una preventiva valutazione obiettiva e scientifica del rapporto rischi/benefici con una visione olistica.

Per comprendere ancora meglio
la mancanza di scientificità, proporzione e coerenza
delle gravi decisioni prese in Italia,
ritengo utile parlare di un indice statistico poco conosciuto,
ma estremamente importante per illuminare e
calibrare le scelte pubbliche sulla base
del rischio reale di una malattia.

 

Si tratta del PYLL ( Potential Years of Life Lost) potenziali anni di perdita di vita. Morire a 20 o 30 anni non è la stessa cosa del morire a 80, 90 o più anni.

In pratica si tratta di un indice statistico che comunica quanti anni di vita riesce a rubare una determinata malattia. Penso che tu riesca a comprendere l’importanza notevole di questo parametro.


Le malattie, infatti, non sono tutte uguali in termini di conseguenze sulla salute ed in termini di importanza individuale e di impatto sociale. Ci sono malattie che provocando decessi in età più giovanile rispetto ad altre, riescono a rubare molti più anni di vita.


Il PYLL, quindi, permette di misurare e di comprendere il peso rispettivo delle differenti cause di morte. Esso è tanto più elevato ed è tanto più grave quanto più la patologia è diffusa (frequente) e quanto più colpisce in età inferiore alla vita media.


Abbiamo già visto, nella prima parte, che “il Rischio Reale” dipende dalla frequenza e dall’entità del danno.


Dal punto di vista obiettivo e scientifico bisogna sempre tenere conto non solo del numero di decessi, ma anche dell’età in cui questi avvengono.


Soprattutto per chi non è medico, per evitare che si creino percezioni del rischio esagerati e lontani dal rischio reale (argomento già trattato nella Prima Parte) i numeri, che rappresentano l’entità del rischio, soprattutto se si tratta di un nuovo rischio, vanno sempre confrontati con i numeri dei rischi che la gente già conosce.


Purtroppo l’applicazione pratica di questa semplice verità non è stata adottata né dal Team di “esperti”, né dalla Protezione Civile, né dai mass media.


Nella prossima Terza parte, l’ultima, vedremo quali sono, in realtà, i rischi Covid19 confrontati con i rischi e le malattie che già la gente conosce o, almeno, dovrebbe conoscere.


Dott Claudio Pagliara Oncologo

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